La concentrazione nello sport è la capacità di un atleta di mantenere il proprio compito. Per un atleta l’attenzione implica focalizzarsi sui segnali ambientali rilevanti e mantenere il giusto livello di tensione. Nell’ambito dello sport questa abilità è appunto chiamata concentrazione.
Il modello di attenzione più popolare nello sport è stato sviluppato da Robert Niedeffer (Theory of Attentional and Personal Style), il quale propone due dimensioni di attenzione: uno relativo alla direzione (esterna o interna), l’altro all’ampiezza (estesa o ristretta).
Per un atleta i segnali ambientali possono essere sia esterni (avversario, allenatore, spettatori) che interni (pensieri, immagini, sensazioni fisiche) e la loro ampiezza può influire sulle modalità di percezione, ampliandone o limitandone l’intensità. I segnali esterni e interni forniscono all’atleta le informazioni necessarie per una prestazione ottimale. In ogni situazione sportiva, un numero enorme di segnali è disponibile per l’atleta, alcuni di essi sono estremamente rilevanti, altri sono irrilevanti e ne possono danneggiare le prestazioni. La concentrazione sui segnali irrilevanti può tradursi in una diminuzione della qualità delle sue prestazioni.
All’aumentare dell’eccitazione, l’attenzione dell’atleta inizia a restringersi. Quando l’atleta si trova nella sua zona di prestazione ottimale, è in grado di concentrarsi su segnali pertinenti e ignorare quelli irrilevanti. Pertanto, il restringimento dell’attenzione cancella tutti gli spunti irrilevanti e consente di mantenere il focus su quelli rilevanti. Se l’eccitazione aumenta ulteriormente, l’attenzione continua a restringersi e gli spunti rilevanti vengono disattivati, causando un calo delle prestazioni. Per contro, in condizioni di scarsa eccitazione, la concentrazione dell’attenzione è molto ampia e l’atleta raccoglie segnali sia pertinenti che irrilevanti.
Alti livelli di eccitazione possono anche essere fonte di distrazione. Infatti, oltre ad eliminare gli spunti rilevanti, un’eccitazione elevata può anche ridurre la capacità di un atleta di selezionare uno stimolo alla volta. Di conseguenza, la distrazione riduce la capacità dell’atleta di discriminare tra segnali rilevanti e irrilevanti e di concentrarsi su quelli rilevanti. Quando ciò accade, l’atleta tende a subire improvvisi e significativi cali di prestazione.
La risposta è ovviamente affermativa, essa ci mantiene focalizzati sul presente, ci dà la possibilità di ignorare le distrazioni, ci consente di gestire meglio l’ansia o l’eccitazione eccessiva, ci permette di vedere le cose in anticipo e di notare quei piccoli dettagli che possono fornire un vantaggio. La concentrazione si riferisce principalmente a quella condizione psicologica di attenzione in cui gli individui sono in grado di elaborare selettivamente alcune fonti di informazione, ignorandone altre.
L’interesse della ricerca sulla concentrazione si basa principalmente su due aree. La prima riguarda lo studio del fallimento delle abilità sotto pressione; ci sono prove evidenti che il fallimento delle abilità può derivare dal reinvestimento dei processi di controllo cosciente. In secondo luogo, i ricercatori hanno studiato l’efficacia degli stimoli dei focolai esterni ed interni dell’attenzione durante l’apprendimento e le prestazioni qualificate.
Il termine concentrazione incarna un elemento del costrutto multidimensionale dell’attenzione. Nella letteratura sulla psicologia dello sport, il termine è stato particolarmente importante nello studio del fallimento delle abilità sotto pressione e nel regno dell’acquisizione delle abilità. Le strategie di concentrazione sono una componente chiave delle routine mentali che le persone impiegano prima di eseguire abilità auto-stimolate.
Spesso pensiamo che per la concentrazione si possa ottenere solamente continuando ad applicarci e ad esercitarci. L’esercizio è sicuramente fondamentale in quanto ci permette di apprendere efficacemente una determinata una capacità. Tuttavia senza un costante esercizio rischiamo di perdere rapidamente la nuova competenza appresa. Se per alcune settimane non ripetiamo una particolare azione di gioco oppure un movimento tecnico, rischiamo di non riuscire a riproporlo con la stessa accuratezza con cui l’avevamo imparato. Tuttavia sarebbe necessario coordinare l’esercizio fisico con attività che possano distrarre da un eccesso di concentrazione. Altrimenti la performance rischia di non essere efficace, ma può diventare una vera e propria ossessione. E di conseguenza anche la concentrazione si riduce e non è più realmente funzionale.
L’esercizio deve essere concluso quando iniziamo a non avere buone prestazioni, la concentrazione deve quindi essere spostata in un’ottica di maggiore consapevolezza, facendo sedimentare nella mente l’intensità dell’emozione.
Categorie: Psicologia dello Sport
Tag: concentrazione, performance, sport
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