La fame emotiva – o fame nervosa – non è vera e propria fame, ossia non è stimolata da una reale necessità di assumere cibo, tuttavia genera un impulso psicologico che ci spinge a mangiare anche quando non c’è motivo. Questa tipologia di problematica è strettamente connessa alla difficoltà nella gestione delle emozioni. Quando non riusciamo a trovare un tranquillo equilibrio dal punto di vista emotivo, allora il cibo si trasforma in uno sfogo, una sorta di soluzione “automatica” che ci permette di affrontare quella particolare situazione che origina il nostro malessere. L’articolo di oggi si propone di illustrare in maniera più approfondita il concetto di fame emotiva, e cercherà di suggerire una possibile soluzione funzionale a questa forma compulsiva nei confronti del cibo.
“Dottore ho una bassa autostima, non mi sento a mio agio con gli altri, ho una vita sociale insoddisfacente, e quindi mi rifugio spesso in casa e mangio”.
Una paziente ad una prima seduta descrive in questo modo molto esplicito le sue difficoltà emotive ed il legame con il cibo. Ritiene di non essere all’altezza nelle relazioni con gli altri, e quindi vive il rapporto con se stessa in maniera conflittuale. Le preoccupazioni nell’ottica relazionale la spingono a cercare un sollievo nel cibo, anche se poi, subito dopo, avverte un forte senso di colpa per essersi lasciata andare e aver mangiato in maniera compulsiva. E’ conscia di non avvertire un reale bisogno fisiologico di nutrimento, tuttavia non riesce a fare a meno di cercarlo. Le emozioni di ansia e disagio per il fatto di non riuscire a relazionarsi con amici e colleghi la spingono a mangiare tutto ciò che le capita a tiro.
Maria (nome di fantasia) attende con ansia durante tutta la giornata il momento del ritorno a casa, nella tranquilla atmosfera del proprio salotto, per potersi concedere il premio tanto atteso: una abbuffata senza freni. Durante la giornata si contiene, cerca di mangiare il meno possibile, talvolta addirittura anche saltando la pausa pranzo. Invece non appena arriva a casa apre il frigorifero e si concede tutto quello che trova: dolce o salato, non ha grande importanza, l’importante è ingurgitare la massima quantità possibile di ogni cosa. Lei stessa definisce “schifezze” le cibarie di cui fa provvista: snack, merendine, patatine in busta o surgelate da friggere, affettati, etc. Mangia fino a sentirsi sazia; si mette comoda sul divano e si abbandona alla sensazione di rilassamento, addirittura spesso fino ad addormentarsi. Anche in questo caso la fame nervosa è strettamente legata all’aspetto emotivo, il cibo è una sorta di metronomo che aiuta Maria a trovare serenità dopo una giornata lavorativa stressante e difficile. Tuttavia anche in questo caso non è una soluzione funzionale, ma una modalità che alimenta il problema e non aiuta a risolverlo.
L’ascolto delle nostre emozioni è un punto di partenza fondamentale per riuscire a superare la fame nervosa. Soffermarci su un ascolto profondo di quelle emozioni che ci fanno male, che creano disagio e sofferenza, ed imparare a gestirle. Una delle tecniche molto usate in terapia è quella della scrittura. Attraverso la scrittura di note incentrate sulle emozioni di rabbia o di sofferenza che proviamo, è possibile incanalare le emozioni “fuori” da se stessi. Metterle su carta è come liberarsene, espellerle dalla nostra mente stimola una sensazione di serenità e permette di vedere le cose in maniera differente e più lucida. Il cibo, in questo caso, non serve più a mitigare le emozioni ma può tornare ad essere funzionale nella vita della persona.
Prima di qualsiasi suggerimento terapeutico è però essenziale prendere atto che ogni situazione individuale rappresenta un caso a sé stante, di conseguenza è necessario approfondire con attenzione, all’interno di un percorso di psicoterapia, il ruolo che il cibo riveste per la persona.
Categorie: Disturbi Alimentari
Tag: anoressia, binge eating, bulimia, disturbi del comportamento alimentare, fame emotiva, fame nervosa, vomiting
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