“Sento musica nella testa e ho capito che mi fa stare bene”: questa la dichiarazione un po’ inconsueta di un mio paziente. Generalmente quando pensieri, immagini e musica si rincorrono inconsciamente nella nostra mente e diventano troppo invasivi, possono rendere la vita di una persona molto invalidante. Nel caso che mi appresto a raccontarvi le cose sembrano a prima vista differenti. Le canzoni che si ripropongono con continuità nella mente del paziente hanno un effetto piacevole. Stimolano una sorta di benessere interiore che però genera a sua volta una sensazione di distacco che non gli permette di comunicare con il resto del mondo, a volte creandogli non poco disagio a livello sociale, familiare e lavorativo. Attraverso lo studio di questo caso analizzeremo meglio uno strano fenomeno come il fatto di “sentire” musica nella testa.
Quello che accade nella nostra mente può essere considerato un fenomeno decisamente molto vario. Normalmente nell’arco di una giornata si generano fino a 60.000 pensieri al giorno. Come dico spesso ai miei pazienti, se non riusciamo a gestirli con efficacia rischiamo di perderci. Perchè i pensieri eccessivamente ricorrenti possono diventare ingestibili. La nostra mente elabora senza sosta, siamo costantemente immersi in un rimuginio, un brusio. A volte induce sensazioni che non ci fanno stare sereni con noi stessi e con gli altri. In molti frangenti la situazione si aggrava, ad esempio nel caso in cui la mente ci propone voci, immagini, frammenti di musica, senza soluzione di continuità. Uno stato di “dissociazione” dalla realtà e di totale assorbimento in noi stessi. Anche la musica in testa rischia di creare emozioni contrastanti, soprattutto quando il fenomeno avviene con una frequenza ed una intensità tali da risultare di disturbo.
Molte persone condividono una passione per la musica, io stesso ne sono un estimatore. Ci rechiamo a concerti per vivere esperienze live uniche, ascoltiamo musica stereo a casa e in macchina, indossiamo auricolari o cuffie in molte occasioni: facendo sport, camminando per strada, andando in bicicletta. La musica gira nella nostra testa con regolarità, e sfido chiunque a non aver avuto almeno una volta nella vita un motivetto in testa di una delle sue canzoni preferite. Ci perdiamo in un testo, in una melodia e spesso la ripetiamo in mente senza accorgercene durante la giornata. Non c’è nulla di male a rivivere la musica nella nostra testa in una maniera che definirei invasiva, tuttavia quanto sto per raccontare dimostra che una situazione spinta all’eccesso può trasformarsi in un elemento molto disfunzionale.
“Non riesco a smettere di ascoltare e riascoltare vari motivetti musicali. Li ripeto tra me e me inconsciamente. Riascolto diverse canzoni che mi erano sempre piaciute tantissimo quando ero più giovane”.
In questa storia di psicoterapia la musica diventa quasi un’ossessione, un momento in cui ci si richiude su se stessi e non si comunica più con il mondo esterno. In maniera piuttosto consapevole il paziente che fa questa dichiarazione avverte di stare bene con la “musica in testa”, preferendo inconsapevolmente emarginarsi in se stesso invece di affrontare il mondo esterno. Una sorta di piacevole e cosciente rinuncia a vivere appieno la propria vita, per paura delle conseguenze negative che la vita stessa ci riserva.
Un atteggiamento di chiusura favorito dall’ascolto della “musica in testa” paradossalmente sembra tutelare il soggetto, facendogli persino vivere un’esperienza positiva. Tuttavia il paziente che si è rivolto a me a lungo andare ha iniziato ad avvertire anche una sofferenza, amplificata dai risvolti della sua vita famigliare e sociale. In pratica si è allontanato dalla famiglia, vive da solo, comincia a sperimentare anche problemi sul posto di lavoro. Una sorta di isolamento “forzato”, in cui l’unica cosa che lo fa sentire sollevato è pensare proprio alla musica. Capisce però che la situazione è paradossale, incomincia ad avvertire i primi sintomi di stanchezza psicologica e vuole essere aiutato a riprendere in mano la sua vita.
Nel caso presentato, pur essendoci il desiderio di riprendersi in mano la propria vita, il paziente non riesce ad uscire da solo dal circolo vizioso. Il flusso musicale sembra essere costante, e lui non riesce a trovare una modalità per “spegnere” la musica in testa. Preso atto che a questo stadio del disturbo interrompere completamente risulta impossibile, decidiamo di aggredire strategicamente il problema per ridurre la sintomatologia, favorendo una tipologia differente di ascolto.
Ascoltare la musica in maniera funzionale può trasformarsi in un esercizio piacevole e terapeutico. Un ascolto giornaliero in momenti prefissati continua a favorire una piacevolezza dell’ascolto, riportando però allo stesso tempo l’esperienza musicale ad un esercizio più tradizionale e meno ossessivo. Contemporaneamente si è reso necessario lavorare su quelle preoccupazioni e paure che bloccavano il paziente nella sua vita sociale e famigliare.
Mediante la terapia breve strategica è possibile intervenire sulla sintomatologia di specifiche problematiche, ed anche su quelle situazioni di disagio psicologico che nella vita non riusciamo a superare e che ci bloccano.
Categorie: Gestione delle emozioni
Tag: chiusura in sé stessi, isolamento, pensieri ossessivi
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