L’anoressia nervosa è una problematica molto diffusa in Italia, in particolare nella popolazione adolescenziale. Con “Anoressia nervosa” si indica un comportamento di restrizione nei confronti del cibo, ossia un comportamento attivato dalla paura di ingrassare che stimola la persona anoressica ad “evitare” non solo il cibo ma anche qualsiasi altra forma di “piacere”. In un precedente articolo ho fornito alcune indicazioni generali rispetto all’anoressia:
“Anoressia: una dipendenza dal cibo”
Oggi entriamo sempre più nello specifico, andando a definire l’anoressia nervosa ed una categoria ancora più particolare: l’anoressia sacrificante.
Vediamo i criteri con i quali il DSM V (il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali), classifica l’anoressia nervosa:
Due ulteriori criteri molto importanti che ci aiutano a capire e definire meglio il fatto che vi sia una problematica di tipo anoressico sono: una restrizione alimentare durante gli ultimi tre mesi o una condotta anomala di eliminazione o di assunzione di cibo (le caratteristiche “abbuffate”) durante gli ultimi tre mesi. Infine definiamo una persona come anoressica quando il peso è sotto l’85% di quello previsto a seconda dell’età e dell’altezza oppure quando presenta un indice di massa corporea inferiore a 17,7 rispetto a valori ……….???.
M. è una ragazza di 17 anni e pesa 36 kg, arriva in studio accompagnata dai genitori. Rimane in silenzio per quasi l’intero colloquio, mentre i genitori espongono le loro preoccupazioni, i loro dubbi e le loro paure, rispetto alle problematiche alimentari della figlia. Dopo aver escluso possibili cause di natura organica, sono arrivati a pensare che vi potesse essere un problema di tipo psicologico. Descrivono l’astinenza dal cibo della figlia con molta sofferenza: “Se non ci fosse stata lei, a quest’ora la nostra relazione sarebbe finita”. La “malattia” – così la definiscono – della figlia, li ha spinti a rimanere uniti per cercare di aiutarla a guarire. M. parla solo gli ultimi minuti del primo appuntamento, sottolineando come i famigliari siano continuamente preoccupati per lei, e spiegando che vorrebbe uscire da tale situazione, ma che proprio non ci riesce.
Questa breve storia, mi permette di introdurre una tipologia di anoressia descritta in letteratura dalla scuola sistemica (S. Palazzoli): l’anoressica sacrificante, in cui l’astinenza dal cibo è strettamente connessa con le vicissitudini famigliari.
Questa tipologia di anoressia è considerata nell’ambito dell’anoressia nervosa, l’anoressica sacrificante viene definita come “portatrice del problema”, in quanto la problematica si sviluppa contemporaneamente alla crisi all’interno della famiglia. Questa tipologia di problematica è strettamente connessa al ruolo della ragazza all’interno della famiglia: il rifiuto del cibo aiuta a tenere unita la famiglia (i genitori o altri membri), favorendo così il mantenimento di un sistema famigliare disfunzionale.
L’esempio tipico è quello del “capro espiatorio” (Costin, 1996), il ruolo in cui la ragazza e il suo sintomo aiutano ad evitare litigi o separazioni fra la coppia dei genitori, che per aiutare la figlia rimangono insieme e non si lasciano.
Un altro esempio è quello dell’“eroe di famiglia”: la ragazza come un eroe si assume le responsabilità della gestione della famiglia, l’astinenza dal cibo permette di costruire una indipendenza perfetta e una tendenza al controllo in generale.
Nei prossimi articoli vedremo meglio l’anoressica astinente, un ulteriore tipologia di astinenza nei confronti del cibo.
La terapia breve strategica propone interventi molto efficaci sia nel breve che nel lungo periodo, con un percentuale minima dell’83% di risoluzione completa del problema.
Categorie: Adolescenza, Dipendenze, Disturbi Alimentari
Tag: anoressia, disturbi del comportamento alimentare, Terapia Breve Strategica
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