L’articolo di oggi mira a porre in primo piano gli aspetti mentali dell’arrampicata, uno sport fisico, molto tecnico, che però richiede anche una grande consapevolezza mentale. Solo la massima concentrazione permette di rendere il gesto tecnico veramente efficace, in parete non c’è spazio per l’improvvisazione, l’arrampicata è come una danza: una sintesi di armonia fra corpo e mente. Approfondiremo i processi mentali che stanno dietro l’arrampicata, cercando di porre l’attenzione sull’importanza di trasformare i limiti in risorse, per capire come sia possibile sfruttare tutte le nostre potenzialità.
Il concetto di consapevolezza fa riflettere sulle nostre modalità di costruzione della realtà. Ognuno di noi utilizza automaticamente i propri sensi per costruire un’immagine della realtà che lo circonda. La percezione della realtà che ci arriva dai sensi genera a sua volta uno stato emotivo che ci permette di reagire alla realtà a seconda proprio di come essa viene percepita. In parete può capitare di trovarsi a dieci metri dal suolo e di non riuscire a trovare una soluzione per continuare a salire. Può accadere di reagire istintivamente a questa situazione con un’emozione di rabbia. A questo punto ci capiterà di avere la mente annebbiata, i nostri muscoli si irrigidiranno e troveremo difficoltà a ragionare con lucidità. La consapevolezza è dunque determinata dal nostro sistema percettivo – reattivo, ovvero dalle modalità con le quali percepiamo la realtà e il comportamento che ne consegue.
Il modo con il quale percepiamo la realtà ci porta a toccare con mano i nostri limiti. Affrontare l’arrampicata, e dunque la roccia, mette a nudo le nostre preoccupazioni, le nostre paure e appunto i nostri limiti. Emergono le caratteristiche personali di ognuno di noi, alcuni aspetti anche profondi della nostra personalità, che magari nella vita di tutti i giorni risultano più nascosti e controllati. E’ quasi un percorso di maggiore comprensione di se stessi, una scoperta di sé e delle caratteristiche peculiari della propria personalità. Molti scalatori sanno bene che quando non c’è la giusta concentrazione è più difficile rendere efficace il gesto tecnico. Lavorare costantemente sui propri limiti riproponendoli come risorse è essenziale per poter trovare un movimento di arrampicata fluido ed efficace.
Riuscire a pensare in maniera veloce, ponendosi anche dei dubbi e degli obiettivi continui a breve termine ci permette di crescere e migliorare nelle scelte e nel percorso di arrampicata.
Tuttavia il pensiero da risorsa può trasformarsi in un limite. L’eccessiva insistenza di domande e dubbi può generare una vera e propria ossessione, un blocco. La parete a questo punto diventa un ostacolo e la mente ne esalta le caratteristiche negative.
Solo lavorando sul pensiero, riportandolo ad essere una risorsa, possiamo riuscire a tornare al gesto tecnico con efficacia. In questo caso specifico la contromossa potrebbe essere apparentemente semplice ma di difficile applicazione: interrompere il circuito domanda/risposta istintiva, per non tornare ad alimentare un dubbio che è fine a se stesso e che blocca la prestazione sportiva. Per bloccare tale circuito la cosa fondamentale è iniziare a non rispondere al dubbio, solo in questo modo la domanda perde veramente d’importanza e riusciamo a trovare le soluzioni efficaci di fronte alla parete.
L’arrampicata ci aiuta a conoscere noi stessi in maniera più profonda, favorendo una riflessione sulle nostre modalità di percezione e reazione della realtà. Solo imparando a conoscerci diversamente, ad essere flessibili, accettando la possibilità di modificare i nostri schemi di pensiero e comportamentali, possiamo realmente trasformare i nostri limiti in risorse.
Categorie: Psicologia dello Sport
Tag: arrampicata, climb, sport
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