Nell’articolo di oggi approfondiremo il concetto di cyberbullismo, cercando di sottolineare l’importanza del ruolo della scuola e della famiglia, e come lo psicologo possa essere d’aiuto di fronte a tale problematica.
Senza scomodare le statistiche per dare una veste numerica ad un fenomeno di costume, è sufficiente guardarsi intorno per strada, in autobus, in treno in aereo, in ufficio, a scuola (!!!), al ristorante, per rendersi conto di quanto il fenomeno dei cellulari e degli smartphone abbia pervaso la nostra quotidianità. Non è infrequente il caso di un cellulare che si mette a squillare durante la messa domenicale o mentre siamo impegnati in un colloquio importante con il nostro capo. E’ diventato ormai pressocchè impossibile rinunciare alle comodità offerte da questo strumento di lavoro e di svago, e forse non è nemmeno corretto demonizzarne più di tanto l’impiego, perché sono infinite le occasioni in cui il cellulare dimostra la sua importanza ed utilità, non ultimo il caso della gestione delle emergenze.
Purtroppo ogni medaglia ha il suo rovescio e anche in questo caso si possono identificare situazioni in cui l’uso dello smartphone costituiscono dei seri problemi di ordine psicologico. Mi riferisco in particolare al caso del cyberbullismo, un fenomeno che ha preso campo in questi ultimi anni e non accenna a diminuire. Il cyberbullismo è la versione digitale del bullismo classico, un fenomeno che non ha confini generazionali e colpisce indistintamente giovani e meno giovani (si pensi infatti al “nonnismo” delle caserme o al “mobbing” in ambiente di lavoro).
Internet ha reso eclatante il fenomeno del bullismo, lo ha trasformato in quello che, con un termine auto-esplicativo, Bill Belsey ha definito cyber bullismo, ossia l’impiego delle nuove tecnologie (soprattutto chat e social media Whatsapp, Facebook, Instagram) per alimentare la violenza psicologica sulle proprie vittime.
Se è vero – come è vero – che bullismo è un “problema relazionale”, come tale deve essere affrontato fin dalla prima infanzia, cioè dalla scuola primaria e addirittura dalla materna, cercando di trasmettere ai piccoli quei comportamenti di solidarietà e di rispetto reciproco che aiutano a limitare l’aggressività e a sviluppare nei soggetti forme di responsabilità e consapevolezza. La scuola, dunque, per la sua funzione nella società e per il semplice fatto che si tratta del luogo di elezione del fenomeno bullismo, può e deve diventare uno dei momenti di contrasto al bullismo e al cyber bullismo.
Ma non è sufficiente. Anche la famiglia deve fare la sua parte, recuperando il ruolo e l’importanza della propria funzione nell’ambito dell’educazione dell’individuo. La famiglia è troppo spesso pronta a difendere l’operato dei figli, il bullismo e il cyber bullismo vengono sovente giudicati “una ragazzata”, uno scherzo di cattivo gusto e niente di più. Questo atteggiamento è marcatamente sbagliato, la famiglia deve imparare ad essere meno permissiva sotto questo punto di vista.
Esiste comunque anche una significativa resistenza da parte dei ragazzi a confidare le proprie ansie ai genitori. Soprattutto questo accade nel caso di ragazzi oggetto di vessazioni a causa del proprio orientamento sessuale. Ad esempio chi viene deriso o emarginato a causa del bullismo/cyber bullismo omofobico tende a chiudersi in se stesso per non insospettire i genitori e per la paura di una reazione negativa da parte loro.
Il compito dello psicologo può essere individuato proprio in questo particolare momento, cioè nel collegamento scuola-famiglia, nel supporto che può fornire ai ragazzi vittime del cyber bullismo e alle stesse famiglie, bisognose di ritrovare un ruolo più centrale nella vita dei figli. La terapia psicologica può intervenire su sintomi quali la tristezza, l’ansia, l’incomunicabilità, l’isolamento, le difficoltà relazionali, la depressione, la fuga da scuola, contribuendo a recuperare quel clima familiare sereno, così essenziale nelle relazioni genitori – figli.
Tutto ciò sul fronte delle vittime del bullismo, ma la domanda che può sorgere è: “Lo psicologo è in grado di curare anche il bullo?” Sotto questo profilo è possibile che ci si trovi ad affrontare un atteggiamento di resistenza e di chiusura da parte delle famiglie, preoccupate del fatto che uno psicologo debba occuparsi del proprio figlio. Tuttavia il ruolo dello specialista è assolutamente necessario per interpretare correttamente il problema e identificare l’idonea metodologia di intervento.
La Terapia Breve Strategica è in grado di fornire l’ausilio necessario a gestire tutte queste problematiche, adattando e personalizzando – secondo un percorso “strategico” – le proprie risorse ad ogni singolo caso e consentendo in breve tempo il recupero delle condizioni di salute del soggetto.
Categorie: Adolescenza, Dipendenze
Tag: Cyberbullismo, Terapia Breve Strategica
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