La preparazione mentale in arrampicata è un aspetto fondamentale per poter godere dell’esperienza in maniera completa. Molti dei miei pazienti arrampicatori lo ritengono un aspetto chiave.
Recentemente un paziente mi ha detto: “Questo sport è davvero bast…o”,
sorridendo e ricordando a se stesso la complessità mentale di questa disciplina. Credo che sia fondamentale parlare degli aspetti psicologici, in arrampicata ed in montagna in generale. Sia che affrontiamo un semplice trekking, così come una via alpinistica impegnativa, essere lucidi e avere la mente sgombra da pensieri invasivi rappresenta la chiave per il raggiungimento dei nostri obiettivi personali.
In generale parlare del nostro disagio fa bene. Tuttavia parlarne troppo ci potrebbe bloccare. Molti dei miei pazienti esternano le loro paure avvicinandosi alla parete. Ne parlano con il proprio compagno/compagna d’arrampicata, spiegando come si sentono, ad esempio il timore di aprire la via da primi. Sembra un buon modo per liberarsi della paura, tuttavia il rischio è quello di aumentare ancora di più le proprie ansie. Parlare della paura la rende ancora più concreta ed invasiva. Evitare di parlarne e tenere tutto per se può sembrare deleterio, ma è sicuramente un primo stratagemma per iniziare a ridimensionare le proprie ansie. La nostra mente ne trae giovamento, ed in questo modo ci consente di sintonizzarsi solamente sugli aspetti tecnici dell’arrampicata.
Al contrario, in terapia è ovviamente fondamentale parlare con il proprio terapeuta delle paure e dei limiti che la nostra mente costruisce. In questi momenti il fatto di parlarne non è disfunzionale, anzi è un aspetto chiave per iniziare a mettersi in discussione. Può sembrare strano, ma fin dal primo appuntamento gli atleti che seguo iniziano già a sentirsi meglio. Ovviamente non solo per il fatto di parlarne, ma soprattutto per la consapevolezza di avere una guida che fornisce loro suggerimenti, strategie e tecniche d’intervento. Una metodologia che sappia come contenere le ansie, gestire i pensieri, aiutare nella concentrazione e nel miglioramento mentale dello stesso gesto tecnico. In un contesto terapeutico è quindi fondamentale parlarne, tirando fuori tutto quello che la persona prova nel proprio vissuto interiore.
Abbiamo visto l’importanza di parlare dei propri limiti personali e delle paure nel contesto terapeutico, al momento giusto. A questo punto però la domanda da porsi è: “come prepararsi mentalmente quando vado in parete?”. Ritengo di primaria importanza il concetto di consapevolezza, ossia il comprendere cosa conti veramente per noi: il grado, il risultato, il superamento dell’esame per diventare guida alpina… Se riuscissimo a partire dall’obiettivo per noi fondamentale sarebbe tutto decisamente più semplice, anche dal punto di vista mentale. La preparazione per un esame ci porta inevitabilmente a cercare di esprimere le nostre risorse al meglio. Di conseguenza dobbiamo evidenziare i limiti che ci bloccano. Nel caso della falesia domenicale, riuscire a divertirci alzando progressivamente il livello di difficoltà può essere un ottimo obiettivo.
Mi piacerebbe che ognuno di voi cercasse dentro se stesso la motivazione principale che lo spinge ad allenarsi e ad andare ad arrampicare. Una sorta di chiave con la quale possiamo leggere l’arrampicata. In questo modo diventa anche più semplice essere motivati a raggiungere i nostri obiettivi, spingendo la nostra mente a superare i propri limiti. Provate a scrivere le motivazioni che vi portano in falesia o in palestra. Attraverso la scrittura potrete rendervi conto di cosa sia per voi davvero importante, ossia quello che diventerà poi il punto di partenza per impostare un allenamento mentale veramente efficace.
Categorie: Psicologia dello Sport
Tag: arrampicata, autostima, coaching sportivo, crescita personale, paura di arrampicare, psicologia dello sport
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